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  • 16-05-2022
"L'ABBANDONO DI RIFIUTI DEL TITOLARE DI IMPRESA. GLI INDICATORI DI RESPONSABILITA'?" di Isabella Faggi

La giurisprudenza ha esemplificato gli indici rivelatori della responsabilità del titolare di impresa per le ipotesi di abbandono di rifiuti.

In particolare, rivelatori dell’abbandono sono: a) la flagranza di reato del titolare d’impresa; b) la presenza di preposti/dipendenti in prossimità del luogo di deposito, intenti nel conferimento, anche all’insaputa del titolare, in colpa per non aver vigilato; c) l’individuazione di furgoni dell’azienda in sosta presso il luogo di deposito con conseguente sequestro; d) l’affidamento dei rifiuti a ditte non autorizzate; e) la percezione di un vantaggio economico o il risparmio di spesa per l’azienda, che preferisce conferire i rifiuti illecitamente; f) la mancata adozione di un modello organizzativo di gestione dei rifiuti teso alla responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, come disciplinato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 178, comma 3 (Cass., sez. III, 11/06/2014, n. 40530; Cass., sez. III, 03/05/2013, n. 45932; Sez. III, 04/06/2013, n. 40596; Sez. III, 25/05/2011, n. 23971; Sez. III, 27/10/2011, n. 45974).

E' sovente, nella casisitica di specie, una ricostruzione della responsabilità del titolare di impresa in termini presuntivi.

Si considerano molto spesso, quali indici di responsabilità, la riconducibilità del rifiuto al ciclo produttivo dell'impresa e irregolarità nella gestione dei rifiuti.

Tuttavia, in assenza di una prova diretta (o rappresentativa) dell’abbandono, spetta all'accusa fornire la prova dell'attribuibilità del fatto penalmente rilevante.

Trattandosi, quindi, di prova indiziaria, la stessa richiede una valutazione, prima, della sua valenza qualitativa e del grado di precisione e gravità e, successivamente, in una prospettiva globale e unitaria, della sua confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Cass. II, n. 42482/2013).

Il giudice di merito, cioè, deve valutare, anzitutto, i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti), saggiarne l'intrinseca valenza dimostrativa (di norma solo possibilistica) e poi procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguità di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa, in una visione unitaria, risolversi, consentendo di attribuire il reato all'imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e, cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass. I, n. 44324/2013; conforme, Cass. III, n. 18554/2020).