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  • 05-09-2022
"RETTIFICA DEL VALORE DELLA MERCE DICHIARATA IN DOGANA. STRATEGIE DI DIFESA" di Giovanni Renna

L'obbligazione doganale si perfeziona al momento dell'importazione.
Immissione in libera pratica e nazionalizzazione comportano l'assolvimento dei diritti di confine.
I diritti sono proporzionali al valore di dogana, che si presume sia il valore di transazione.
L'Ufficio delle Dogane può contestare il valore dichiarato, considerando criteri alternativi (valori unitari per merci identiche, similari).
L'importatore deve censurare la validità delle argomentazioni poste a sostegno della richiesta di rettifica e contestare la capacità del campione di rappresentare in modo adeguato “gruppi omogenei”.
Per esercitare compiutamente il diritto di difesa, è essenziale che l'Ufficio delle Dogane riferisca quale sia il valore medio inerente alla merce dell’importazione considerato come superiore rispetto a quanto dichiarato dalla parte. Insomma, descriva dettagliatamente i criteri applicati per la determinazione di un diverso valore, comunque maggiore.
In considerazione del diritto di difesa del contribuente costituzionalmente riconosciuto, è preciso onere dell’Amministrazione finanziaria rivelare preventivamente, al fine di evitare procedimenti sommari, i valori medi calcolati sulla base del campione significativo.
La richiesta è fondata a maggior ragione se si considera quando analoghe importazioni di prodotti similari si siano concluse con il visto di “nessuna irregolarità” e “chiusura conforme”.​

La procedura di rettifica è anticipata da un contraddittorio cartolare tra Ufficio delle Dogane e Importatore.

L'Ufficio delle Dogane notifica all’importatore la comunicazione ai sensi dell’art. 140 Reg UE 2447/2015 in ordine ad un controllo doganale eseguito su merce importata.

Sovente, l'Ufficio tende a contestare, con ragionamento presuntivo, il valore di transazione, in forza di un esame dettagliato dei dati delle importazioni di merci similari effettuate (riferimento “fair price” così come desumibile dalla banca dati Theseus-Afis-Amt-dell’Olaf).

Per censurare la validità delle argomentazioni poste a sostegno della richiesta di consegna e contestare la capacità del campione di rappresentare in modo adeguato “gruppi omogenei”, l'importatore ha interesse ad eccepire che il valore dichiarato in dogana è quello reale e coincide col valore di transazione, ossia “col prezzo effettivamente da pagare” (in materia questa Corte, nella sentenza n. 23245 del 2018).

Ipotesi avverse lascerebbero il campo all’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi.

Deve essere confutato il dubbio che il valore dichiarato non rappresenti l’importo totale da pagare.

E' onere dell’Ufficio offrire la prova che il valore dichiarato non corrisponda al valore della transazione.

Tale onere non risulta adempiuto quando sono presenti elementi di incertezza.