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  • 14-11-2022
"UN CASO DI INDEBITA COMPENSAZIONE DEI CREDITI R&S: DIFFERENZA TRA “CREDITO NON SPETTANTE” E “CREDITO INESISTENTE” di Isabella Faggi

Con DL n. 145/2013, conv. in L. 9/2014, all’art. 3, è stata prevista l’attribuzione alle imprese che effettuano investimenti in specifiche attività di ricerca e sviluppo di un credito di imposta nella misura del 25% delle spese sostenute in eccedenza alla media degli investimenti medesimi realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31.12.2015, fino ad un importo annuale massimo di € 5.000.000,00 per ogni beneficiario, a condizione che siano state sostenute spese per almeno € 30.000,00.

Tale credito di imposta – che deve essere inserito nella dichiarazione dei redditi del beneficiario e corredato da documentazione contabile certificata da un Revisore Legale o dal Collegio Sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali che deve essere allegata al bilancio – è utilizzabile in compensazione ai sensi dell’art. 17 D.lgs. 241/1997, ossia fra crediti e debiti relativi, fra gli altri, anche all’Imposta sul Valore Aggiunto e ai Contributi previdenziali ed assistenziali.

Ai commi 10 e 11, la norma prevede che l’amministrazione finanziaria svolga controlli sulla documentazione contabile predetta, al fine di verificare l’eventuale indebita fruizione del credito di imposta. Con specifico riferimento ai crediti R&S, le modalità e i tempi di effettuazione dei controlli da parte dell’amministrazione finanziaria sono disciplinati dalla circolare del 31/2020, che a sua volta rimanda al decreto del MEF del 27.05.2015 recante “Attuazione del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo”. All’articolo 8 decr. cit., è previsto che l’AdE effettui controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio e la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati; qualora si renda necessaria una valutazione di carattere tecnico in ordine alla ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, l’AdE può richiedere al MiSE di esprimere il proprio parere. Tale richiesta di parere tecnico è facoltativa.

All’esito dei suddetti controlli, l’AdE può rilevare che le attività/spese sostenute non siano ammissibili al credito R&S e notificare il relativo atto di recupero coattivo del relativo importo, maggiorato di interessi e spese.

La fruizione della compensazione è da considerarsi indebita sia in caso di “credito non spettante” che di “credito inesistente”. Il criterio distintivo è stato recentemente precisato dalla Corte di Cassazione nelle sentenze nn. 34444 e 34445 del 16.11.2021 (sezione Tributaria), secondo cui il credito è inesistente quando manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile dai controlli automatizzati. Sulla stessa linea, con successiva sentenza n. 70/2022, la Commissione Tributaria Provinciale di Rovigo ha confermato che la definizione di “credito inesistente” si desume dall’art. 13 co. 5 D.lgs. 471/1997, secondo cui è tale il credito per il quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso i controlli automatizzati; in assenza di uno di questi requisiti, il credito deve ritenersi “non spettante” (art. 13 co. 4 D.lgs. 471/1997).

Tale distinzione rileva, oltre che in relazione ai termini decadenziali della potestà accertativa dell’amministrazione finanziaria nonché di importo della sanzione applicabile per la violazione tributaria (come modificato dal D.lgs. 158/2015), anche in ambito penale.

L’art. 10 quater D.lgs. 74/2000 punisce con pene nettamente diverse il contribuente che compensi indebitamente un credito non spettante (comma 1) ed un credito inesistente, ossia artificiosamente costruito e rappresentato, in sede contabile o di dichiarazione, per utilizzarlo indebitamente in compensazione ovvero supportato da documentazione ideologicamente falsa (comma 2). Sul punto, la Corte di Cassazione, Sez. III, con le sentenze nn. 7613, 7614 e 7615 del 2022, nel ribadire il principio affermato nelle predette pronunce, ha aggiunto che la diversità delle due ipotesi incide anche sul piano dell'elemento soggettivo, atteso che l'inesistenza del credito costituisce di per sé, salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente di bilanciare i propri debiti verso l'Erario con una posta creditoria artificiosamente creata, mentre nel caso in cui vengano dedotti dei crediti "non spettanti" occorre provare la consapevolezza da parte del contribuente che tali crediti non siano utilizzabili in sede compensativa.

V’è da aggiungere, inoltre, che, per espressa previsione normativa, la causa di non punibilità di cui all’art. 13 D.lgs. 74/2000 – che prevede il pagamento integrale del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, anche a seguito di procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie o del ravvedimento operoso – si applica esclusivamente alla ipotesi di reato di cui al comma 1 dell’art. 10 quater.

Tale distinzione rileva, infine, con riferimento al cd. Riversamento spontaneo, introdotto dall’art. 5, commi 7-12, DL 146/2021. Trattasi della facoltà per i contribuenti di riversare spontaneamente l’importo del credito indebitamente utilizzato, senza applicazione di interessi e spese, quando essi:

  • abbiano realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come ricerca e sviluppo;
  • abbiano fruito del credito in maniera non conforme a quanto dettato dalla disposizione di interpretazione autentica di cui all’art. 1 co. 72 L. 145/2018 (che prevede che il riconoscimento del credito d'imposta  per spese di ricerca e sviluppo ai soggetti residenti  commissionari  che eseguono attività  di  ricerca  e  sviluppo  per  conto  di  imprese residenti o localizzate in altri Stati membri  dell'Unione  europea, negli Stati  aderenti  all'Accordo  sullo  Spazio economico  europeo ovvero in Stati compresi nell'elenco di cui al decreto  del  Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, si interpreta nel senso che ai fini del calcolo del credito d'imposta attribuibile assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di ricerca e sviluppo svolte direttamente e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato italiano);
  • vogliano correggere errori nella quantificazione o nella individuazione delle spese ammissibili.

L'accesso alla procedura è, invece, escluso nei casi in cui il credito d'imposta utilizzato in compensazione sia il risultato di condotte fraudolente, di fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate, di false rappresentazioni della realtà basate sull'utilizzo di documenti falsi o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea a dimostrare il sostenimento delle spese ammissibili al credito d'imposta (comma 8).

La richiesta di avvalersi di tale procedura deve essere avanzata all’AdE entro il 31.10.2023, come da proroga richiesta dal MEF e contenuta nella legge di conversione del DL Aiuti ter, e il pagamento dovrà essere eseguito in un’unica soluzione entro il 16.12.2023 ovvero in tre rate di pari importo alle seguenti scadenze 16.12.2023, 16.12.2024 e 16.12.2015.

Il perfezionamento della procedura ha effetti anche sull’eventuale procedimento penale a carico del contribuente che abbia indebitamente fruito di un credito “non spettante” in quanto esclude la punibilità per il delitto di cui all'articolo 10 quater D.lgs. n. 74/2000.