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  • 16-11-2022
"L’INTRODUZIONE E LA RAPIDA ESTRAZIONE DELLA MERCE DAL DEPOSITO IVA INTEGRA LA FATTISPECIE DI CONTRABBANDO DOGANALE?" di Andrea Giambra

Il caso. L’A.G. disponeva il sequestro della documentazione amministrativa, bancaria, contabile, doganale e fiscale in possesso di una Società e relativa ad operazioni di importazioni effettuate con l’utilizzo della procedura del deposito IVA – il c.d. regime 45.

 

Il sequestro era basato sul fumus commmissi delicti relativo alla fattispecie di cui all’art. 292 D.P.R. 43/1973, aggravata exart. 295 medesimo decreto: tale norma punisce “chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti di confine dovuti”.

Si tratta di un’ipotesi di contrabbando a forma libera: la disposizione non prevede ipotesi specifiche, punendo tutti i casi di introduzione nel territorio nazionale di merci estere con evasione dei diritti di confine.

 

Nel caso di specie la condotta contestata consiste nella introduzione e la pressoché immediata della merce in un deposito IVA, eludendo così il meccanismo di cui all’art. 50-bis D.L. 331/1993.

In particolare, ad avviso della Procura la velocità delle citate operazioni evidenzierebbe l’irregolarità della procedura, posta in essere in quanto fittizia e priva di altra utilità per l’operatore se non quella di differire-sottrarsi dal regime di imposizione istantaneo, non avendo altrimenti senso stoccare delle merci in un deposito ed estrarle entro pochi giorni.

 

L’art. 50-bis DPR 43/1973 prevede l’istituzione di speciali depositi fiscali, denominati “depositi IVA”, adibiti alla custodia di beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita nei locali dei depositi medesimi e gestiti da soggetti abilitati specificatamente.

Il comma 4 prevede un regime eccezionale al regime di corresponsione immediata dell’IVA all’atto di presentazione della dichiarazione doganale, posticipandola ad un momento successivo quando “le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari sono destinati ad essere introdotti in un deposito IVA”.

L’IVA verrà corrisposta in un momento successivo e, peraltro, nelle sole ipotesi in cui i beni introdotti nel deposito vengano estratti per l’utilizzo o la commercializzazione in Italia, rimanendo, invece, definitivamente de-tassati quelli esportati o trasportati in altro Stato dell’Unione Europea. 

 

È pacifica la configurabilità, in astratto, del reato di contrabbando in presenza di condotte di sottrazione dell’IVA all’importazione (Cass. Pen. Sez. III, sentenze nn. 5870/2011, 13102/2003 e 1298/1992).

D’altra parte, ci si è chiesti quali siano i limiti dell’istituto del deposito IVA, sia nei termini del problema della effettività del deposito, sia del luogo ad esso adibito che della sua durata. 

 

Anzitutto, non è ammessa alcuna forma di deposito virtuale: le merci devono materialmente entrare nei depositi IVA, i quali devono essere veri e proprio luoghi fisici situati nel territorio italiano e in cui devono essere assolti gli oneri di stoccaggio e custodia (Cass. Pen., sentenza n. 158980/2015 e Agenzia delle Dogane nota prot. N. 7521/2006). L’effettivo immagazzinamento della merce è, anche se non esplicitamente previsto, implicito nella nozione civilista stessa di “deposito” ex art. 1766 c.c., nonché richiesta a livello comunitario (artt. 98 – 110 Regolamento CEE n. 2913/1992 e Cass. n. 2697/2014, n. 20958/2013; n. 11642/2013).

 

In secondo luogo, se da una parte l’Agenzia delle Entrate con la circolare 16/D del 28/4/2006 ha chiarito che le merci debbano stazionare nei depositi IVA pur senza un tempo minimo di giacenza, né che siano necessariamente scaricate dai mezzi di trasporto (Agenzia delle Dogane nota prot. N. 127886/2006), dall’altra vi sono state pronunce in cui i Giudici hanno precisato che la procedura del deposito IVA debba comunque inserirsi in una prospettiva di legittimità, logicità e coerenza (Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 5870/2011; n. 1227/2014 Trib. Napoli Sez. G.I.P./G.U.P.).

 

In conclusione, in ottica difensiva, sarà evidentemente essenziale dimostrare che:

  • l’introduzione della merce nei depositi IVA soddisfi le condizioni di stoccaggio e custodia previste dalla normativa di settore;
  • le operazioni commerciali poste alla base dell’estrazione delle merci siano economicamente e giuridicamente giustificate dal contratto di deposito sotteso all’introduzione delle merci;

ciò detto, nell’ottica di scongiurare da parte del Tribunale una valutazione di inesistenza giuridica e di simulazione del contratto di deposito IVA sul presupposto della pretestuosità ed irregolarità della procedura, posta in essere al solo fine di eludere gli oneri di confine.