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  • 09-10-2023
"LA COMPENSAZIONE DELL'ASSEGNO DI MANTENIMENTO IN SEDE DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE" di Nicole Cerretelli

In caso di conflitto familiare, quale essere una eventuale separazione, il mantenimento dei figli ricopre un ruolo di primaria importanza. Ne consegue come, in caso di separazione, la statuizione relativa alla fissazione di un assegno mensile per il mantenimento dei figli, non è neppure soggetta al principio della domanda.

Il diritto al mantenimento si pone, infatti, in posizione primaria fra i diritti spettanti ai figli, tenendo in considerazione l’insieme delle esigenze di sviluppo della personalità del figlio minore e della sua vita di relazione. 

All’interno di un contesto familiare, il figlio ha infatti il diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni (art 315 bis c.c.). 

I genitori devono quindi adempiere l’obbligo di mantenimento in concorso fra loro, in proporzione con le rispettive possibilità, e specifiche capacità di lavoro. 

L’obbligo del mantenimento non può venire meno, neanche nella eventualità in cui i genitori, o uno di essi, non possano adempiere loro stessi mediante le proprie risorse. 

A dimostrazione della importanza che riveste il mantenimento dei figli, la giurisprudenza prevede che nel caso in cui i genitori non possano provvedere personalmente al mantenimento della prole, sussista in capo agli ascendenti, l’obbligo di provvedere con i mezzi necessari affinché i genitori in stato di difficoltà possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. L’obbligazione in capo agli ascendenti si pone quindi come subordinata, e sussidiaria rispetto a quella primaria dei genitori. L’obbligo, tuttavia, non può vertere sugli ascendenti per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l'altro genitore è in grado di mantenerli. (Cassazione civile sez. I, 30/03/2023, n.8980).

Merita, altresì, precisare che la protezione di tale obbligo è prevista anche a livello penale, essendo stabilito all’art. 570 c.p. che:“chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro. 

Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. 

Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.”

 

Il successivo art. 570 bis c.p. stabilisce poi che “le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli “.

La Suprema Corte ha quindi stabilito come l’art. 570 bis c.p. punisca gli inadempimenti degli obblighi economici originati dal procedimento di separazione dei coniugi, tanto nei confronti dei figli, quanto nel caso in cui tali obblighi siano imposti in favore del coniuge separato. (Cassazione Civile, n. 36205/2020). 

Nel caso concreto, il soggetto obbligato a prestare i mezzi di sussistenza non può opporre in compensazione un proprio credito al fine di escludere la propria responsabilità da reato, essendo preminente il dovere di sopperire ai bisogni primari del coniuge e dei figli minori. (Cassazione penale, n.9553/2020)

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Alla luce di quanto sopra, ci si è chiesti se, in tema di separazione giudiziale, colui che è tenuto alla corresponsione del mantenimento, viola gli obblighi stabiliti in sede di separazione se non corrisponde l’assegno, optando per una compensazione del medesimo con ulteriori crediti.

 

Nel caso di specie, Y, contestando la somma a titolo di mantenimento richiesto da X, sosteneva di aver corrisposto, nelle forme e con le modalità utilizzate in costanza di matrimonio, ben oltre l’importo così come riconosciuto come da ordinanza, avendo consentito ad X di effettuare prelievi dalla propria carta di credito - in suo possesso -, anche nei mesi successivi a quelli della emanazione dell’ordinanza emessa dal Giudice.

 

Innanzitutto, preme sottolineare come la compensazione legale ai sensi dell’art. 1241 c.c. stabilisce che: “quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.”

Questo istituto garantisce quindi ad un soggetto la possibilità di poter compensare il proprio credito con un debito che vanta nei confronti di un altro soggetto, qualora la liquidità del credito opposto in compensazione risulti essere certo, ed esigibile.

La compensazione di tipo giudiziale, si riferisce invece alla eventualità in cui il debito opposto in compensazione sia esigibile, non liquido, ma possa essere di pronta e facile liquidazione.

 

Tuttavia, nel caso di specie, il mantenimento dei figli, tenuto conto della importanza sopra ampiamente delineata, rappresenta un credito propriamente alimentare, e in ragione di ciò è indisponibile, impignorabile, e di conseguenza non compensabile, ciò comporta che esso non potrà essere compensato in alcun modo con altri crediti vantati nei confronti del genitore creditore.

Il principio è stato più volte affrontato dalla Suprema Corte, la quale ha stabilito che il credito relativo al mantenimento della prole – che ha natura squisitamente alimentare, presupponendo uno stato di bisogno strutturale del soggetto privo di autonomia economica – debba ritenersi indisponibile ed impignorabile e, di conseguenza, non compensabile. (Corte appello Trento, 05/08/2022, n.133, Tribunale Bari sez. II, 07/10/2021, n.3506 / Tribunale Teramo sez. I, 27/03/2020, n.253). Ed ancora: “Il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno del mantenimento a beneficio dei figli, in regime di separazione, comporta la non operatività della compensazione del suo importo con altri crediti.” (Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, n. 23569) “. 

Allo stesso modo, anche il credito relativo al mantenimento dei figli maggiorenni non ancora economicamente indipendenti, è un credito propriamente alimentare, che: “presuppone uno stato di bisogno strutturale proprio perché riferito a soggetti carenti di autonomia economica e come tali titolari di un diritto al sostentamento conformato dall’ordinamento, con riguardo alla complessiva formazione della persona, e la ragione creditoria è pertanto indisponibile ed impignorabile se non per crediti parimenti alimentari e di conseguenza non compensabile“ (Cassazione civile n. 9686/2020).