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  • 07-11-2023
"L'ASSEGNO PRIVO DI CLAUSOLA DI NON TRASFERIBILITÀ" di Simona Manganiello

La contestazione svolta dall’Ufficio di Ragioneria territoriale dello Stato di Firenze è chiaramente riferita alla negoziazione dell’assegno bancario in quanto privo della clausola di trasferibilità. La segnalazione, avvenuta ad opera dell’Istituto di credito non traente, ha difatti comportato l’accertamento e la contestazione della violazione dell’art. 49 quinto comma, del D.Lgs. 231/2007. 

La norma in questione vieta, tra le altre condotte, l’utilizzo del denaro contante e titoli al portatore per importi superiori a € 3.000,00 (sebbene le soglie minime siano oggi arrivate, con introduzione scaglionata, all’importo di € 5.000,00 per le violazioni accertate dal 01/01/2023); la violazione che viene, invece, contestata al cliente è relativa alla “assenza” nell’assegno bancario (come per tutti quelli, anche postali per importi superiori alla soglia fissa di €1.000,00) dell’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e (venendo alla vera contestazione) la clausola di non trasferibilità, difatti non presente nell’assegno negoziato dal cliente.

Posto che non può esservi utile contestazione sul fatto in sé dell’avvenuta negoziazione (emissione/versamento) dell’assegno in questione, proveniente da un vecchio libretto non ritirato al correntista – in quanto il fatto in sé è pacifico – resta da analizzare la possibilità di contestare la responsabilità dell’Istituto bancario che non ha richiesto il ritiro del proprio libretto non più valido/in regola. L’opzione di chiamare l’Istituto bancario a tale responsabilità, tuttavia, stante la formulazione generica della norma, non pare essere di aiuto, non esonerando comunque da responsabilità il soggetto o i soggetti che utilizzano lo strumento di circolazione del credito irregolare.

Corretta appare anche la quantificazione della sanzione cui si viene ammessi in misura ridotta in applicazione dell’art. 16 L. 689 del 1981 richiamata dalla normativa del 2007, purché la somma venga corrisposta entro 60 giorni dalla contestazione.

Resta da considerare la richiesta “solidale” effettuata tanto al cliente beneficiario che al privato emittente il suddetto assegno. La clausola di solidarietà, come attinta dalla normativa di cui alla precitata L. 1981 n. 689, articolo 6, impone di considerare che solo uno dei due soggetti raggiunti dalla contestazione debbano versare la sanzione nella misura ridotta, essendo unica la sanzione, che l’amministrazione statale può legittimamente ottenere da entrambe i soggetti attinti dalla contestazione, fatto salvo il diritto dell’uno di agire in regresso nei confronti dell’autore della violazione – in ipotesi, il soggetto che ha consegnato il mezzo di pagamento irregolare.

Si tratta, infatti, di un’unica sanzione da comminarsi e per la quale sussiste il vincolo di solidarietà tra i due soggetti, mentre è da escludersi la possibilità per l’amministrazione di ottenere da ciascuno degli intimati il pagamento per l’intero, di fatto raddoppiando l’ammontare previsto per legge della sanzione irrogata.

A tale conclusione si perviene non solo dando applicazione del principio generale di solidarietà come previsto in generale nel nostro ordinamento giuridico ma anche per come lo stesso viene declinato in modo specifico nella normativa richiamata del 1981.

In alternativa al pagamento, in assenza di una qualche possibilità di ricostruire diversamente il fatto storico o di attenuarne gli effetti sulla sanzione (già al minimo edittale) non si ritiene conveniente procedere con la richiesta di audizione, con il rischio che vengano persi i benefici del pagamento in misura ridotta.