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  • 08-01-2024
"IL DEPOSITO IVA VIRTUALE E SIMULATO" di Giovanni Renna

Il risultato della introduzione di tale istituto è, pertanto, la equiparazione, dal punto di vista fiscale, dei depositi doganali (destinati ai beni non comunitari) e dei depositi Iva (destinati ai beni comunitari ovvero immessi in libera pratica), a nulla rilevando se tali beni, al momento della loro introduzione nel deposito, abbiano o meno già una destinazione finale nota.

Non è condivisibile, dunque, l’assunto secondo cui il contratto di deposito sarebbe economicamente inutile laddove le operazioni commerciali siano già definite ab origine; così argomentando, si dovrebbe ammettere la legittimità del deposito Iva soltanto nella ipotesi in cui la merce importata debba essere sottoposta a lavorazioni (!)

Ammessa a legittimità del deposito infragiornaliero, le invocate teorie sulla simulazione del deposito Iva per mancato ingresso fisico e per assenza di causa non si conciliano quando è assente la frode e l'evasione, come quando avviene il passaggio virtuale della merce e l'importatore ha regolarmente e correttamente liquidato l’imposta, per il tramite del proprio rappresentante fiscale, attraverso l’emissione da parte di quest’ultimo di autofattura ai sensi dell’art. 17 co. 2 cit. Pertanto, l’ADM non può richiedere al soggetto passivo il pagamento di una imposta che egli ha già provveduto a liquidare.

A questo proposito, con la sentenza Equoland più volte richiamata sia dalla ricorrente nelle osservazioni depositate che dall’Ufficio nell’avviso impugnato, è stato affermato il principio secondo cui l’inosservanza dell’obbligo di introduzione fisica del bene all’interno del deposito non comporta il mancato pagamento dell’Iva all’importazione “poiché questa è stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile applicato al soggetto passivo [...] un versamento tardivo dell’IVA costituisce, in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, solo una violazione formale che non può rimettere in discussione il diritto alla detrazione del soggetto passivo.Ad ogni modo, un siffatto versamento tardivo non può essere equiparato, di per sé, a una frode, la quale presuppone, da un lato, che l’operazione controversa, nonostante il rispetto delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva e della legislazione nazionale che la recepisce, abbia il risultato di procurare un vantaggio fiscale la cui concessione sia contraria all’obbiettivo perseguito da queste disposizioni e, dall’altro, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione controversa è il conseguimento di un vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenze Halifax e a. C-255/02, EU:C:2006:121, punti 74 e 75, nonché EMS-Bulgaria Trasport, EU:C:2012, punto 74)”.

La Corte di Giustizia ha, pertanto, concluso che "la sesta direttiva dev'essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell'imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile, mediante un'autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo" (punto 49 e dispositivo).

In forza dei principi affermati nella sentenza Equoland e messi in pratica attraverso la circolare sopra citata, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza emessa da una CTR che legittimava il recupero dell’Iva nei confronti dell'importatore e del depositario responsabile per la falsa dichiarazione in dogana, in quanto la merce non era stata introdotta nel deposito; in particolare, la CTR aveva ritenuto che l'obbligo di corrispondere il tributo dovuto in ragione del mancato immagazzinamento della merce non veniva meno per effetto dell'estrazione della merce dal magazzino con il sistema del c.d. reverse charge che non comportava alcun versamento e non poteva sostituirsi alla riscossione dell'IVA all'importazione che doveva essere comunque assolta alla stregua degli altri diritti di confine. Nel cassare tale sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito che “la questione degli effetti dell'assolvimento dell'IVA interna con il meccanismo del reverse charge sull'omesso versamento dell'IVA all'importazione che la CTR ha affrontato in termini radicali escludendo ogni nesso di collegamento fra il primo ed il secondo va invece risolta alla luce dei principi sopra esposti dalla Corte di Giustizia nella sentenza Equoland che, come si è visto, hanno invece riconosciuto a tale assolvimento l'idoneità, a talune condizioni, di escludere (v. Cass. Civ., Sez. VI - 08/09/2015, n. 17815). In definitiva, l'assolvimento dell'imposta, sia pure tardivo, mediante il congegno dell'inversione contabile, in mancanza di specifiche deduzioni da parte dell'Ufficio, esclude la configurabilità di un meccanismo frodatorio. Nel caso che ci occupa, non è, in prima battuta, sufficiente a configurare un congegno elusivo o frodatorio il fatto che il deposito sia infragiornaliero, in quanto, anche in caso di inapplicabilità del regime speciale, nessun vantaggio altrimenti non ottenibile avrebbe avuto la società, la quale, comunque, sarebbe incorsa nella violazione sanzionabile del tardivo assolvimento dell'imposta.