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  • 05-05-2021
"IL CONCORSO DEL CO-AMMINISTRATORE 'NON OPERATIVO' NEL DELITTO DI CONTRABBANDO COMPIUTO DAL PRESIDENTE DEL CDA" di Federico Mancini

A quali condizioni il co-amministratore "non operativo" risponde in concorso del reato di contrabbando doganale commesso dal Presidente del Cda? 

La posizione ricoperta all'interno della compagine societaria legittima la pretesa di un obbligo di controllo e vigilanza sull'operato del Presidente del Cda, la cui dolosa violazione precostituisce il giudizio di disapprovazione e, quindi, il concorso nel reato?

In prima misura, occorre considerare che la mera carica rivestita dal co-amministratore "non operativo" nella società e i minimi poteri gestori esercitati nell’ambito della stessa non consentono di poter affermare l'automatismo di una compartecipazione nelle condotte illecite del Presidente del Cda.

A tal proposito, affinché possa affermarsi la responsabilità del concorrente, le risultanze probatorie dovrebbero consentire di riconoscere una condotta materiale o anche solo morale di agevolazione del fatto, mentre, diversamente, si imporrebbe il suo proscioglimento.

La sua effettiva partecipazione attiva negli illeciti deve essere accertata mediante elementi allo stesso univocamente riferibili, tali da poter attestare il suo coinvolgimento nelle attività di importazione. 

Una diversa soluzione implicherebbe il riconoscimento di una responsabilità di natura omissiva, fondata sulla mera carica rivestita e sui poteri gestori esercitati.

Ai fini della condanna risulta, in conclusione, imprescindibile accertare un coinvolgimento attivo dell'amministratore non operativo nelle condotte del Presidente del Cda. Una diversa soluzione implicherebbe il riconoscimento di una responsabilità in termini oggettivi, del tutto slegata da elementi di collegamento tra i fatti tipici contestati e la soggettività dell’imputato.

Sul punto la Corte costituzionale ha precisato in modo esplicito e univoco che “è indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all’agente ed è altresì indispensabile che tutti e ciascuno dei predetti elementi siano allo stesso agente rimproverabili e cioè anche soggettivamente disapprovati” (Corte cost. sent. n. 1058 del 1988).

Con riferimento alla valutazione della prova, certamente si potrebbe definire attiva e di agevolazione la condotta del co-amministratore che ha accettato l'incarico nella consapevolezza che le società fosse uno schermo per realizzare attività illecite, ovvero con lo scopo di evadere le imposte di confine mediante la predisposizione di falsa documentazione e mediante la mancata conservazione delle scritture contabili. 

La scelta di prestare il proprio ausilio in un contesto aziendale altamente criminogeno potrebbe essere intesa come la prova di una certa consapevolezza e, quindi, accettazione degli effetti delle condotte criminose.

Diversamente, si dovrebbe propendere per l'affermazione dell'assolutà estraneità ai fatti del co-amministratore "non operativo", quando risulti dimostrato che questi:  

1) non ha posto in essere alcuna delle condotte tipiche contestate;

2) non ha precostituito le false fatture esibite in dogana;

3) non ha estratto la merce dal deposito Iva;

4) non ha conferito delega ai rappresentati doganali;

5) non era coinvolto nelle attività di importazione;

6) non ha posto in essere alcuna condotta atipica in concorso, di istigazione o agevolazione;

7) sotto il profilo soggettivo, non era consapevole delle condotte compiute dal Presidente del CDA  al quale, solamente devono essere affrancate le  le condotte contestate.