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  • 17-02-2021
"GLI EFFETTI DELL'EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA SUI CONTRATTI DI LOCAZIONE E DI AFFITTO E CLAUSOLA "COVID" (O DI HARDSHIP)" di Giulio Petracchi

In questo particolare momento storico, determinato da misure finalizzate al contenimento dell'emergenza epidemiologica in corso, concretizzatesi nel blocco di attività economiche e produttive, la disciplina locatizia è stata al centro di confronti ed interventi interpretativi da parte della dottrina e della giurisprudenza. 

Il confronto si è aperto non solo nell'ambito dei rapporti di locazione commerciale, dove per settimane i conduttori - a causa del blocco imposto dal Legislatore alle attività produttive, in particolare nei mesi di marzo, aprile e (in parte) maggio 2020 - non hanno potuto svolgere la loro attività imprenditoriale e godere a pieno dell'immobile (discorso che vale non solo per i rapporti locatizi su beni immobili ma anche, e forse in maggior misura, per quelli di affitto di azienda), ma anche per quanto riguarda le locazioni abitative (si pensi, ad esempio, a quelle ad uso turistico conclusi settimane prima dall'emanazione delle disposizioni restrittive della libertà di circolazione).

Appare evidente che misure volte a contenere l'emergenza sanitaria hanno determinato, nella maggior parte dei casi, un forte squilibrio contrattuale nei rapporti di locazione e di affitto tra i relativi contraenti, lasciando il conduttore (o l'affittuario) nella detenzione del bene senza, però, poter godere a pieno delle utilità del medesimo.

La giurisprudenza e la dottrina, facendo leva sull'istituto dell'impossibilità temporanea disciplinato dall'art. 1256, comma 2, c.c. (per cui il debitore "non è responsabile del ritardo nell'adempimento") e sul principio di buona fede nei rapporti contrattuali, sancito dall'art. 1375 c.c., hanno ipotizzato un dovere, gravante nei confronti dei contraenti, di rinegoziare le condizioni del contratto; ciò al fine di riequilibrare la situazione di sbilancimento generata dalle misure restrittive imposte per il contenimento del contagio (Tribunale Roma, 27/08/2020, Tribunale Venezia sez. I, 28/07/2020).

Imparando dal passato, in futuro potrebbe risultare vantaggioso per le parti, in sede di trattative per la conclusione di un contratto di locazione, apporre una clausola che tenga in considerazione l'ipotesi che l'aggravarsi della situazione pandemica possa portare l'emanazione di nuovi provvedimenti restrittivi, astrattamente in grado di impedire il pieno godimento di un bene oggetto di locazione.

Le parti, per tali ragioni, potrebbero decidere di inserire all'interno contratto una clausola che conferisca, nell'ipotesi di nuova emanazione di misure restrittive tali da imporre la chiusura delle attività imprenditoriali (in particolare, per quanto riguarda le locazioni commerciali o gli affitti di beni produttivi) o stringenti impedimenti alla libera circolazione (si pensi all'istituzione di una zona rossa o arancione, che potrebbe impedire al conduttore di muoversi fuori Comune per recarsi nella abitazione di montagna presa in locazione per la stagione invernale), il diritto al conduttore di ottenere una sensibile riduzione del canone - magari predeterminando, per ogni singolo mese, l'entità della diminuzione -  ovvero di riservargli il diritto di risolvere il rapporto.

Una tale previsione può essere riconducibile alle c.d. clausole di forza maggiore - strumento di matrice internazionalprivatistica, anche dette "Hardship  Clauses" - che ricomprendono tutte quelle circostanze non imputabili alle parti,  dalle quali deriva l’impossibilità di adempiere regolarmente alle obbligazioni concordate contrattualmente. La ratio è quella di consentire alle parti di riequilibrare il contratto, in modo tale da renderlo adeguato alla modifica - non determinata dalla volontà delle parti - dello stato di fatto.