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  • 05-10-2021
“SEQUESTRO DELLE SOMME GIACENTI SU CONTO CORRENTE BANCARIO: LEGITTIMO SE LA PARTE FORNISCE LA PROVA DELLA DERIVAZIONE LECITA DEL DENARO?" di Isabella Faggi

È questa la questione rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza della Sesta Sezione Penale n. 7021/2020.

La Suprema Corte si trova, ancora una volta, ad affrontare il tema del sequestro finalizzato alla confisca, dopo che con la sentenza "Lucci" del 26.06.2015 aveva espresso il principio secondo cui la confisca ha sempre natura “diretta”, sia che abbia ad oggetto il prezzo del reato che il profitto.

Con l’ordinanza sopra citata, si è inteso, oggi, sottoporre alle Sezioni Unite la questione attinente l’ambito di applicazione proprio della sentenza “Lucci” e, cioè, se il sequestro preventivo debba essere qualificato “sempre” in termini di sequestro funzionale alla confisca diretta e, in quest’ultimo caso, come si atteggi il nesso di pertinenza tra res e reato, con riferimento alla fungibilità del bene.

Preliminarmente, occorre rilevare come la sentenza “Lucci” avesse ribadito il principio secondo cui il profitto è il vantaggio di immediata e diretta derivazione causale, dunque deve essere direttamente derivante dal reato.

Ciò posto, ci si è chiesti se, nel caso di profitto cd. accrescitivo, sia qualificabile in termini di sequestro finalizzato alla confisca diretta il sequestro del denaro giacente su conto corrente, non solo quando non si abbia alcun elemento che induca a ritenere che il profitto del reato sia stato depositato su quel conto ma vi siano addirittura elementi concreti per ritenere che quel denaro abbia origine da un titolo giustificativo lecito, ossia non derivi dal reato e non sia, dunque, qualificabile come profitto, secondo l’interpretazione della sentenza “Lucci”.

Nella giurisprudenza di legittimità successiva alla sentenza “Lucci”, si registrano sentenze che, pur riaffermandone i principi, ne ridefiniscono l’ambito di operatività, escludendone l’applicabilità nei casi in cui si abbia la prova che le somme giacenti sul conto non derivano dal reato, difettando in essere la caratteristica del profitto, presupposto necessario per procedere al sequestro in via diretta. Queste sentenze confermano, quindi, la necessaria preventiva individuazione del rapporto di pertinenza del denaro con il reato per il quale si procede. 

Il tema, come detto, attiene dunque a se, ai fini del sequestro e della confisca diretta, la fungibilità del bene esenti sempre dalla prova che il denaro sia legato al prezzo o al profitto del reato oppure configuri soltanto una presunzione superabile. Si tratta di stabilire se i principi dettati dalla sentenza “Lucci” possano essere definiti ulteriormente, conformati, esplicitati nel senso di ritenere che il denaro può essere attinto con il sequestro finalizzato alla confisca diretta solo se: a) risulti che la somma sia proprio quella derivata immediatamente e direttamente dal reato; b) si tratti di denaro che, per mero valore, corrisponde al profitto del reato in virtù di una presunzione semplice superabile da parte dell’interessato fornendo elementi idonei a dimostrare che su quel conto sono giacenti somme aventi origine da un titolo lecito.

Con informativa del 27.05.2021, le Sezioni Unite hanno dato al quesito la seguente soluzione: “Qualora il profitto derivante dal reato sia costituito dal denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l’ablazione del denaro comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto fino alla concorrenza del valore del profitto medesimo e deve essere qualificata come confisca diretta e non per equivalente”.