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  • 24-01-2022
"CHIEDE LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. ANZI NO! LA RINUNCIA TACITA DELLA CLAUSOLA RISOLUTIVA ESPRESSA" di Alessandra Focosi

La Pizzeria Napoli sottoscriveva con la società Mare del Sud un contratto di cessione di azienda il cui prezzo,  sarebbe stato corrisposto, una parte alla sottoscrizione del contratto stesso, quanto alla restante somma mediante effetti cambiari a data.

Ebbene la società mare del Sud pagava un importo minore restando morosa del pagamento di n. 8 effetti cambiari,

Nell’atto di cessione la Pizzeria Napoli si riservava la proprietà dell’azienda fino al pagamento dell’ultima cambiale.

Contestualmente alla stipula del contratto di cessione di azienda le due società sottoscrivevano anche un contratto di locazione avente ad oggetto due unità immobiliari contigue, costituite da due fondi commerciali adibiti ad attività di ristorante-pizzeria e provvisti di impianti e servizi relativi.  

L'inquilino inviava una lettera ai proprietari per denunciare il malfunzionamento dell’impianto di condizionamento dell’aria, oramai considerato da loro obsoleto, per cui ritenevano che tale impianto dovesse essere sostituito dalla proprietaria dell’immobile perché rientrante negli interventi di straordinaria manutenzione a carico della locatrice, per cui la diffidava a provvedere entro 5 giorni dal ricevimento della presente.

Tale richiesta veniva contestata dai proprietari. A loro avviso, tali opere non rientravano negli interventi di manutenzione straordinaria; comunque, come previsto dall’art 6 del contratto di locazione, tutte le opere relative agli impianti erano a carico della parte locataria che si sarebbe dovuta accollare tutti gli interventi di sostituzione degli impianti.

Dopo di che Mare del Sud cessava il pagamento del prezzo della cessione di azienda nonché  quello del canone di locazione.

La società proprietaria chiedeva l'emissione di un decreto ingiuntivo per l'importo restato impagato.

L'inquilino contestava l’inesistenza di un credito titolato dal rapporto causale sottostante, in quanto la venditrice si era avvalsa della clausola risolutiva espressa contenuta nell’atto di cessione di azienda, per cui, a suo dire, avrebbe risolto di diritto il contratto in quanto le cambiali consegnate a suo tempo dall’acquirente a garanzia del prezzo di compravendita, non sarebbero più potute essere azionate dalla Pizzeria da Carlo snc.

Tale eccezione è stata respinta dal proprietario per i motivi che seguono.

Il contratto di cessione di azienda prevedeva, come sostenuto da controparte, una clausola risolutiva espressa, la quale statuiva la risoluzione di diritto del contratto qualora il cessionario non avesse pagato anche due rate del prezzo pattuito.

Ebbene in un primo momento, la Pizzeria Napoli avevoa inteso esercitare tale diritto, dopo di che sono intercorse diverse trattative tra le parti, con copiosa corrispondenza tra i legali, anche se riservata personale, per cercare di definire bonariamente le controversie. Purtroppo il tentativo di definizione era fallito e la Pizzeria Napoli aveva informato Mare del Sud che l’assegno dato in acconto, veniva trattenuto in acconto del maggior avere del prezzo del contratto di cessione di azienda, rinunciando così implicitamente all’effetto risolutivo, manifestando così in modo in equivoco l’interesse alla tardiva esecuzione del contratto stesso.

Ed infatti come rappresentato dalla consolidata giurisprudenza: “ in presenza di clausola risolutiva espressa costituisce rinuncia al relativo effetto risolutivo il comportamento del contraente che, dopo essersi avvalso della facoltà di risolvere il contratto manifesti in modo non equivoco l’interesse alla tardiva esecuzione del contratto stesso. Deve, in particolare, interpretarsi in tal senso qualunque manifestazione della volontà, sia in forma espressa che tacita, da cui desumere il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia.” Cass. Civ. n. 5734 del 10.03.2011 e da anche quella più recente: “Questa Corte sul punto ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui "La tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito rende inoperante la clausola risolutiva espressa prevista in un contratto di locazione, la quale riprende la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione di volontà, a richiamare il debitore all'esatto adempimento delle sue obbligazioni. Tuttavia, in applicazione del generale principio di buona fede nell'esecuzione del contratto e del divieto dell'abuso del processo, non può essere imposto al locatore di agire in giudizio avverso ciascuno dei singoli analoghi inadempimenti, al fine di escludere una sua condotta di tolleranza" (Cass., ord., 6/06/2018, n. 14508Cass. 31/10/2013, n. 24564Cass. 14/02/2012, n. 2111).

Tale principio va ribadito in questa sede con la precisazione che la valutazione sull'esistenza o meno di una prassi di tolleranza del ritardo costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità (Cass., ord., 6/06/2018, n. 14508, in motivazione) e che il mancato esercizio del potere potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l'inadempimento di controparte in virtù della clausola risolutiva espressa, da parte del locatore, è l'effetto conformante della buona fede nella fase esecutiva del contratto, sicchè il rispetto di tale principio impone che il locatore contestualmente (Cass. 11/10/1989, n. 4058) o anche successivamente all'atto di tolleranza manifesti la sua volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa in caso di ulteriore protrazione dell'inadempimento (Cass. 15/07/2005, n. 15026) e comunque per il futuro. Cass. Civ, n. 14240 del 08.07.2020.

Ed ancora: “In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, il contraente non inadempiente, così come può rinunciare ad eccepire l'inadempimento che potrebbe dar causa alla pronuncia di risoluzione, può, del pari, rinunciare ad avvalersi della risoluzione già avveratasi per effetto o della clausola risolutiva espressa o dello spirare del termine essenziale o dellaxa diffida ad adempiere e può anche rinunciare ad avvalersi della risoluzione già dichiarata giudizialmente, ripristinando contestualmente l'obbligazione contrattuale ed accettandone l'adempimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda di risoluzione di un contratto di transazione, in forza del quale ad una della parti era dovuta la consegna di tre autovetture, ravvisando nell'accettazione, da parte del creditore, della consegna di due autovetture e del controvalore in denaro della terza autovettura un comportamento concludente di rinuncia ad avvalersi della pattuita clausola risolutiva espressa). Cass Civ. n 23824 del 24.11.2010.

E’ evidente che la Pizzeria Napoli abbia con l’accettazione dell’assegno tacitamente rinunciato all’effetto risolutivo della clausola, richiedendo, pertanto il pagamento dell’intero prezzo, tant’è che non ha mai agito per il rilascio e la società Mare del Sud non ha mai rilasciato l’azienda.

Per tali ragioni è di tutta evidenza che il contratto di cessione di azienda sia ancora in essere e pienamente efficace tra le parti, a differenza di quanto vorrebbe far credere controparte che pretestuosamente ritiene risolto il contratto, ma, si badi bene, il prezzo residuo non dovuto e non rilascia l’azienda nella disponibilità del suo legittimo proprietario!